CANTON VALLESE - 30-08-2021 - Viene ricordata come la più grande tragedia della Svizzera moderna, per l'Italia quella di Mattmark, è stata l'ultima grande tragedia dell'emigrazione. Sono le 17.15 del 30 agosto del 1965 quando due milioni di metri cubi di ghiaccio e di detriti, staccatisi dal ghiacciaio dell’Allalin, nella valle di Saas, alto Vallese, seppelliscono l'enorme cantiere della diga di Mattmark. Nella Svizzera in piena corsa industriale, mossa da un famelico bisogno di mano d'opera e di energia elettrica, c'è un cantiere nel quale lavorano mille operai in arrivo da mezza Europa, chiamati a realizzare la più grande diga di terra e pietrame del Continente. "Niente rumore. Solo, un vento terribile e i miei compagni volavano come farfalle. Poi ci fu un gran boato, e la fine. Autocarri e bulldozer scaraventati lontano" così racconterà decenni dopo un sopravvissuto, al ricercatore Toni Ricciardi per il saggio "Morire a Mattmark" (Donzelli).
Si scavò per una settimana alla ricerca di corpi e superstiti, alla fine si conteranno 88 morti, 56 dei quali italiani, e 2 dei quali di Domodossola: Angela Zavattieri e Mario Candusso. I soccorsi arrivarono anche dall'Ossola. Coordinati da Costantino Pala gli uomini del Soccorso Alpino, le guide alpine e molti volontari scesero dal passo del Moro e raggiunsero il luogo del disastro. Quattro spagnoli, due austriaci, due tedeschi e un apolide, il resto svizzeri nella conta delle rimanenti vittime, per un disastro che non avrà colpevoli. Si poteva evitare? Le baracche del cantiere erano state collocate in posizione pericolosa, proprio sulla traiettoria del ghiaccio. Questo almeno si poteva evitare. Le autorità avevano valutato bene la stabilità della morena? Si sapeva da sempre che il ghiacciaio era instabile. L'indagine che condusse nel 1972 al processo per 17 imputati di omicidio colposo, avrebbe dovuto restituire un po' di giustizia se non la verità completa. L'esito fu invece un altro dramma: tutti assolti, anche in appello. Per beffa ulteriore i familiari delle vittime furono anche condannati al pagamento delle spese processuali.
L'indignazione mondiale non bastò a indurre il governo elvetico a un atto di compassione: la fattura fu pagata infine dallo Stato italiano. L'anno prossimo, nel 2022, è prevista l'apertura degli archivi degli atti del processo, allora probabilmente i ricercatori potranno far luce su altri aspetti di questa storia un po' dimenticata. Storia che ci parla di una corsa all'industrializzazione che di vittime ne ha fatte tante e in tutti i settori e dove ancora oggi, la sicurezza dei lavoratori è da qualcuno considerata solo un costo.
Antonella Durazzo
Foto: il memoriale per le 88 vittime (da Wikipedia)