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tribunale aula a vuota

VERBANIA - 22-09-2024 -- L’aggressione, ingiustificata e violenta, avvenne con un oggetto contundente. Un po’ per la concitazione di quegli attimi, un po’ per il tempo trascorso dal fatto (due anni), e anche per le difficoltà linguistiche, non è stato chiaro il venditore di rose cingalese nel descrivere con precisione quale oggetto contundente – la catena della bicicletta o il guinzaglio del cane – sia stato utilizzato per picchiarlo all’esterno di un bar di Pallanza. Ha, però, riconosciuto l’uomo che le forze dell’ordine identificarono come responsabile di quell’aggressione, un 29enne operatore sanitario di origine siciliana trasferitosi dopo il Covid a Verbania e che, in città, ha avuto problemi con la legge: un arresto per resistenza e furto, una denuncia per lesioni da parte di una collega e, soprattutto, un episodio di violenza sessuale per il quale è stato condannato in primo grado a sei anni e mezzo.

Il fatto per il quale è di nuovo a giudizio avvenne nei giorni dell’episodio del palpeggiamento. Il giovane si trovava in un locale sul lungolago quando arrivò tra i clienti il cingalese, che cercava di vendere qualche rosa e raggranellare un po’ di denaro. Non è chiaro quale motivo abbia scatenato l’imputato, forse un diverbio sul cane che aveva con sé. Fatto sta che, all’improvviso, dopo averlo preso a male parole, si scagliò contro l’asiatico e lo colpì con pugni al volto e, appunto, con un oggetto considerato alla stregua di un’arma, fatto che rende aggravate – oltre all’aggravante dei futili motivi – le lesioni che gli vengono contestate dalla Procura.

Nella prima udienza la vittima ha testimoniato faticando a ricostruire nel dettaglio i fatti. Lo faranno gli operanti e una testimone oculare citata per la prossima udienza.