VOGOGNA- 20-05-2015- L'onorevole ossolano Enrico Borghi replica al ministro del canton Tcino Gobbi che ha proposto di richiedere i certificati penali ai futuri frontalieri: “Guardiamo con rispetto al dibattito che si è aperto nella vicina Confederazione Elvetica, dopo il passo che come parlamentari democratici abbiamo compiuto nei confronti del governo italiano stigmatizzando la proposta avanzata dalla Lega dei Ticinesi di introdurre l’obbligo per tutti i lavoratori italiani in Canton Ticino di presentare l’estratto del casellario giudiziale in allegato al permesso di lavoro, identificandolo come possibile limite alla libera circolazione delle persone e ai trattati di Schengen. Infatti, mentre il ministro leghista del Canton Ticino Gobbi sostiene l’introduzione della presentazione dei certificati penali da parte degli Italiani, nei giorni scorsi Berna con un voto del Consiglio Nazionale (il corrispondente della nostra Camera dei Deputati)ha respinto una mozione avanzata dal leghista Lorenzo Quadri che proponeva tale introduzione. Ora, appare evidente che delle due l’una: o la Svizzera tratta tutti i lavoratori frontalieri allo stesso modo, oppure la proposta ticinese tesa a discriminare solo gli Italiani assimilandoli automaticamente al rango di potenziali criminali va rapidamente derubricata. Nell’intera Confederazione Elvetica, infatti, non ci sono solo i 56.000 italiani che ogni giorni si recano in Ticino a lavorare. Ci sono anche almeno 3.000 connazionali che si recano in Vallese e altrettanti nei Grigioni. E ad essi vanno aggiunti i 65.000 Francesi che si recano nel ginevrino e nel vodese, oppure i 40.000 che dal Jura vanno nella zona di Neuchatel. Ci sono tedeschi e francesi che ogni giorno vanno e vengono da Basilea (almeno 53.000). Ci sono 13.000 tedeschi che lavorano nel Canton Aargau; 5.000 nel canton Sciaffusa; 8.500 nel Canton San Gallo. Quindi o i certiificati penali si chiedono per tutti quelli che ogni giorno entrano in Svizzera per lavoro (indipendentemente dalla loro nazionalità) o non li si chiede per nessuno, fatte salve le casistiche specifiche di legge per le quali essi sono ovviamente richiesti in relazione al tipo di occupazione svolta (e non alla nazionalità del lavoratore!). Del resto, il ministro Gobbi non aveva così tanta veemenza nei confronti di quei nostri concittadini Italiani che negli anni scorsi, frodando il nostro fisco e la nostra comunità nazionale, approdavano alle porte delle capienti e silenti banche ticinesi per occultare il frutto della loro evasione fiscale, pratica da noi ora interrotta ed impedita grazie alla legge sulla trasparenza bancaria. Perché allora non gli si chiedeva il certificato penale a lorsignori? In quel caso non valeva l’equazione in voga di italiano uguale criminale? Oppure gli Italiani debbono essere discriminati sulla base del tipo di relazione economica che intrattengono con le realtà elvetiche? Nelle relazioni internazionali serve serietà, e non servono boutade. L’Italia nella relazioni con la Svizzera la serietà la sta dimostrando tutta, e i suoi cittadini occupati oltre confine quotidianamente sopportano provocazioni che vanno rapidamente archiviate per tornare ad una stagione di proficua e intensa relazione di vicinanza e di reciproca amicizia dalla quale ogni territorio può trarre giovamento. Anche di questo ne parleremo prossimamente con i rappresentanti del nostro governo, che sono certo ne terranno in debito conto nelle trattative attualmente in essere con la Confederazione Elvetica”.